Il volo è poesia

Questa Pagina è per tutti coloro che, come me, Amano il Volo in tutte le sue forme ed espressioni, anche Artistiche

 

A Portrait of the Artist as a young Man       

James Joyce

“And for ages men had gazed upward as he was gazing at birds in flight. […] A sense of fear of the unknown moved in the heart of his weariness, a fear of symbols and portents, of the hawklike man whose name he bore soaring out of his captivity on osierwoven wings …” 

“E per anni gli uomini avevano rivolto il loro sguardo al cielo, come lui stava osservando gli uccelli in volo. […] Un sentimento di paura dell’incognito si agitava nel cuore della sua stanchezza, una paura dei simboli, delle premonizioni, dell’uomo-uccello di cui portava il nome, che si era librato dalla sua prigionia con ali simili a quelle di un uccello…” 

In questo passo l’autore riporta i pensieri ed i sentimenti che si agitano nel cuore del giovane artista, non a caso  dal nome Stephen Daedalus: Il nome è da ricollegarsi alla tradizione cristiana, al primo martire: l’Artista è visto come un “martire” dell’arte; Il cognome Daedalus rimanda invece al personaggio mitico di Dedalo, in connessione con l’esigenza per l’artista di fuggire da Dublino, una sorta di labirinto, caratterizzato da una totale paralisi sociale e  politica, per raggiungere la neutralità dell’arte. Tale eroe Joyciano rappresenta l’autore stesso o l’artista in generale.

 

 

 

 Il debutto fumettistico di Topolino, nella striscia quotidiana del 13 gennaio 1930 sceneggiata da Walt Disney e disegnata da Ub Iwerks e Win Smith.

 
Inoltre, ne “L’Illustrazione del popolo”, nel marzo 1930, Topolino si presenterà, mostrandosi per la prima volta agli italiani, come emulo di Lindbergh in imprese aviatorie.

   

 

Il volo nella letteratura fantastica: Il barone rampante –Italo Calvino

 

“Solo essendo così spietatamente se stesso come fu fino alla morte, poteva dare qualcosa a tutti gli uomini. […] In quel cielo apparve una mongolfiera.

Certi aeronauti inglesi facevano esperienze di volo in mongolfiera sulla costa. Era un bel pallone, ornato di frange e gale e fiocchi, con appesa una navicella di vimini: e dentro due ufficiali con le spalline d’oro e le aguzze feluche guardavano col cannocchiale il paesaggio sottostante. Puntarono i cannocchiali sulla piazza, osservando l’uomo sull’albero, il lenzuolo teso, la folla, aspetti strani del mondo. Anche Cosimo aveva alzato il capo, e guardava attento il pallone.
Quand’ecco la mongolfiera fu presa da una girata di libeccio; cominciò a correre nel vento vorticando come una trottola,e andava verso il mare. Gli aeronauti, senza perdersi d’animo, s’adoperavano a ridurre -credo- la pressione del pallone e nello stesso tempo srotolarono giù l’ancora per cercare d’afferrarsi a qualche appiglio. L’ancora volava argentea nel cielo appesa a una lunga fune, e seguendo obliqua la corsa del pallone ora passava sopra la piazza, ed era pressappoco all’altezza della cima del noce, tanto che temevamo colpisse Cosimo. Ma non potevamo supporre quello che dopo un attimo avrebbero visto i nostri occhi.
L’agonizzante Cosimo, nel momento in cui la fune dell’ancora gli passò vicino, spiccò un balzo di quelli che gli erano consueti nella sua gioventù, s’aggrappò alla corda, coi piedi sull’ancora e il corpo raggomitolato, e così lo vedemmo volar via, trascinato nel vento, frenando appena la corsa del pallone, e sparire verso il mare …
La mongolfiera, attraversato il golfo, riuscì ad atterrare poi sull’altra riva. Appesa alla corda c’era solo l’ancora. Gli aeronauti, troppo affannati a cercar di tenere una rotta, non s’erano accorti di nulla.
Si suppose che il vecchio morente fosse sparito mentre volava in mezzo al golfo.
Così scomparve Cosimo, e non ci diede neppure la soddisfazione di vederlo tornare sulla terra da morto. Nella tomba di famiglia c’è una stele che lo ricorda con scritto: “Cosimo Piovasco di Rondò –Visse sugli alberi – Amò sempre la terra – Salì in cielo”.”
 
Citaz dal cap. XXX
 
Brano tratto dal capitolo conclusivo del libro “Il barone rampante”: il romanzo, ambientato a fine ‘700, parla di un ragazzino di origine aristocratica, Cosimo di Rondò che un giorno, nel giugno del 1767, indignato con i genitori deciderà di salire su un albero: non ne scenderà più. Calvino ci racconta della vita del barone durante il suo “soggiorno” sugli alberi, con il filtro del narratore interno, Biagio, fratello del protagonista, che si soffermerà molto anche sulla reazione dei familiari, tracciandone un profilo; Calvino ci presenta con grande ironia, che è il sale dell'opera, dei personaggi tanto pittoreschi e caricaturali, quanto, per ossimoro, illuminanti su una Natura Umana sempre più Alienata ed Assente.

 

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